Il codega è una delle figura più affascinanti della Venezia del passato. Una figura quasi mitica, legata alla notte e all’oscurità, portatrice di luce e guida indispensabile per chiunque volesse incamminarsi al calar del sole nell’intricato groviglio di calli e campielli. Quando non esistevano ancora i lampioni che oggi illuminano Venezia, sparsi ovunque, la città dopo il tramonto piombava nel buio. Solo qualche cero rischiarava le immagini votive lungo i muri, i cesendeli. A metà del XV secolo aumentò il numero di aggressioni e venne promulgata una legge che rendeva obbligatorio l'uso del lume a chi andasse in giro passate le tre di notte. Le persone si munivano allora di candele e candelieri, fanali e ogni sorta di lume, mentre i nobili e i ricchi avevano chi illuminava per loro il cammino: il codega, che li precedeva sorreggendo una lanterna. La parola proviene probabilmente dal greco odegos, che significa “guida”, e in tempi più recenti, quando il “portatore di luce” non serviva più, il nome veniva dato al fattorino munito di ombrello che accoglieva gli ospiti degli alberghi durante la pioggia. Lo stesso nome era anche usato per coloro che riaccompagnavano a casa le ragazze dopo uno spettacolo. Con qualche variante di significato, il termine sopravvive ancor oggi, indicando chi si trova a far da terzo incomodo. A Venezia, chi “regge il moccolo” o “porta il lumicino”, “fa el codega”. |
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SEGRETI A VENEZIALo spettacolo teatrale itinerante del Carnevale
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